sabato 17 novembre 2007

Il mistero della vita

Ogni giorno lottiamo nella ricerca di un sogno. Un sogno per noi irrealizzabile, lottando quotidianamente.Ognuno con un sogno diverso che porta dentro di se, nel cuore di tutti ma lontano dal proprio destino.Ogni giorno migliaia di persone, crescono e muoiono senza motivo; come un fiore appena germogliato e l'indomani seccato.Nessuno nasce nell'intenzione di nascere e nessuno muore nell'intenzione di morire.Ogni giorno ci accorgiamo che la vita è breve, che i Giorni passano, le Ore trascorrono, i Minuti e i Secondi scivolan via.Ogni giorno la gente ha in mente mille progetti.. prima di andare a dormire pensando alla giornata trascorsa, oppure, pensare al giorno dopo per come dovrà essere o per come potrebbe essere ma il futuro non si puo' decidere, dei giorni passati restano ricordi, e a noi ci resta l'oggi da vivere. Decidiamo per noi stessi, ma qualcun altro lo fa per noi in altre situazioni; decidendo quello che è giusto o quello che è sbagliato.Ogni giorno la gente si domanda mille 'perché', domande banali e complicate attendo il giorno, in cui, saranno rivelate le risposte.Potranno aspettare decenni oppure millenni ma nessuno riuscirà a capire il 'perché' di tutto questo. La Vita è così strana, misteriosa, imprevedibile.. E' pronta a cambiare da un momento all'altro.. Io Vivo per sapere, vivo per aiutare, vivo per convivere, vivo per amare. Vivere non è mai troppo per capire quello che si vuole.Vivere di sincerità, Vivere di emozioni, Vivere di angoscia, Vivere di speranze..Al giorno d'oggi la gente spera in un futuro migliore, in una vita serena senza ostacoli, senza sconfitte. Vivere di ottimismo a volte puo' portare a delusioni ancora puo' grandi, talvolta (raramente secondo me) a dei successi, ma sicuramente il pessimismo è soltanto la realtà delle cose, dove le false speranze e le illusioni non prendono il sopravvento. La gente spera in una Vita bella, magica come nelle favole, ma si sa che solo nelle favole, i cattivi vengono sconfitti e i buoni vengono premiati.La Vita non è una favola, sempre con un inizio e un lieto fine, la Vita inizia e termina nell'incognito con un inizio che non si sa come può iniziare e una fine che non si sa come può terminare...

sabato 10 novembre 2007

L'albero degli amici

Esistono persone nelle nostre vite che ci rendono felici per il semplice caso di avere incrociato il nostro cammino. Alcuni percorrono il cammino al nostro fianco, vedendo molte lune passare, gli altri li vediamo appena tra un passo e l'altro. Tutti li chiamiamo amici e ce sono di molti tipi.
Talvolta ciascuna foglia di un albero rappresenta uno dei nostri amici.
Il primo che nasce è il nostro amico Papà e la nostra amica Mamma, che ci mostrano cosa è la vita. Dopo vengono gli amici Fratelli, con i quali dividiamo il nostro spazio affinché possano fiorire come noi. Conosciamo tutta la famiglia delle foglie che rispettiamo e a cui auguriamo ogni bene. Ma il destino ci presenta ad altri amici che non sapevamo avrebbero incrociato il nostro cammino. Molti di loro li chiamiamo amici dell'anima, del cuore....
Sono sinceri, sono veri. Sanno quando non stiamo bene, sanno cosa ci fa felici. .
E alle volte uno di questi amici dell'anima si installa nel nostro cuore e allora lo chiamiamo amore, perchè da' luce ai nostri occhi. Ma ci sono anche quegli amici di passaggio, talvolta una vacanza, un giorno, una sera o un 'ora. Essi collocano un sorriso nel nostro viso per tutto il tempo che stiamo con loro. Non possiamo dimenticare gli amici distanti, quelli che stanno nelle punte dei rami e che quando il vento soffia appaiono sempre tra una foglia e l'altra.
Il tempo passa, l'estate se ne va, l'autunno si avvicina e perdiamo alcune delle nostre foglie, alcune nascono l'estate dopo, e altre permangono per molte stagioni. Ma quello che ci lascia felici è che le foglie che sono cadute continuano a vivere con noi, alimentando le nostre radici con allegria. Sono ricordi di momenti meravigliosi di quando incrociarono il nostro cammino.
Ti auguro, foglia del mio albero, pace amore fortuna e prosperità. Oggi e sempre semplicemente perché ogni persona che passa nella nostra vita è unica.
Sempre lascia un poco di se e prende un poco di noi. Ci saranno quelli che prendono molto, ma non ci sarà chi non lascia niente.

Questa è la maggior responsabilità della nostra vita e la prova evidente che due anime non si incontrano per caso.

sabato 3 novembre 2007

Giovanna e il suo capitano, sempre insieme

Chissà perché le lacrime di un soldato sembrano ancor più disperate. La divisa blu, i capelli bianchi, l’incedere austero di chi le certezze deve infonderle, il piglio sicuro. Tutto questo frantumato in un attimo. Dopo una vita spesa sull’«attenti». Da servitore. «Se non fossi un uomo di Stato mi farei giustizia con le mie mani».Il pianto del capitano di vascello Giovanni Gumiero, il nuovo comandante dei cacciamine italiano di stanza a La Spezia, è però composto. Come impone la sua storia, la sua educazione, l’addestramento. Forse per questo le lacrime che scivolano tra le sue manone serrate forti forti al volto, sembrano ancor più pesanti. Di fronte agli estranei si trattiene, lo sguardo prova ancora una volta ad essere fiero. Nonostante Giovanna, quella moglie tenera e innamorata, sempre pronta a seguirlo, non ci sia più. Massacrata. E non in una missione di guerra. Lui era fuori, lei lo aspettava dolce e innamorata, come il primo giorno di una storia cominciata quando lui ancora veniva spedito in missione in Irak.Un militare di professione sa quanto il futuro possa essere appeso a un filo. Ma di solito considera il proprio. O quello dei suoi uomini, almeno loro allenati per sopravvivere. La fine è messa in conto.Giovanna invece tornava semplicemente, banalmente, a casa dopo un pomeriggio di shopping romano. È morta a pochi metri dal portone di casa. Rapinata, picchiata con belluina ferocia da un altro omone, lui senza divisa, senza dignità, senza onore. Un romeno, ibrido come questa nuova etnia di disperati, che non si capisce se sono zingari ladri, rapinatori camuffati da mendicanti, truffatori telematici o vagabondi ubriaconi. Nicolae Mailat, 24 anni portati da quarantenne, dopo una giornata alcolica l’ha massacrata per rubarle la borsetta.Tor di Quinto non è una periferia sudamericana. Ma un po’ di questi tempi le somiglia. Un’enclave, quartieri residenziali di gente per bene, circondati da boschetti e prati incolti oggi trasformati in «accampamenti nemici». Bidonville, favelas di fantasmi senza nome pronti a materializzarsi all’improvviso per far male. Destini inversi: da una parte le regole, il lavoro, la messa della domenica, il mondo normale; dall’altra la miseria, l’illegalità, la violenza spicciola dei diseredati.

L'ultimo saluto a Giovanna Reggiani; "Bisogna resistere al male, come lei"

Per Giovanna Reggiani, la donna di 47 anni seviziata e uccisa martedì scorso a Roma, è stato il giorno dell'ultimo saluto. I funerali si sono svolti nella basilica di Cristo Re, nel quartiere Prati, «con un rito valdese a partecipazione ecumenica» così come chiesto dalla famiglia per rispettare il culto valdese della donna e quello cattolico di suo marito, Giovanni Gumiero, capitano di vascello della Marina. Proprio il capitano Gumiero ha accompagnato il feretro all'interno della chiesa, reggendo in una mano una rosa rossa. Il dolore enorme espresso in poche ripetuute parole «Non è giusto, non è giusto»

venerdì 2 novembre 2007

ORRORE DI ROMA - Ecco il decreto "Reggiani"


ORRORO DI ROMA - Degrado, rabbia, poverta: Ecco il campo Rom di Tor di Quinta

Il terribile omicidio di Giovanna Reggiani ha colmato il vaso dell'orrore della paura e ha fatto scattare la reazione. Il governo ha subito approvato il decreto sui reimpatri e l'opinione pubblica se la prende con chi viene in Italia per delinquere. In Romania, i giornali parlano di "vergogna" e molti ritengono che le autorità romene dovrebbero darsi da fare per frenare il flusso verso l'Italia. Ma anche in questo clima caldo e pesante, noi pensiamo che le persone (italiani e romeni) debbano continuare a parlarsi.


ORRORE DI ROMA - Reati e Criminalità

ORRORE DI ROMA - Lo strazio del marito di Giovanna

(Nella foto Moilet Romulus Nicolae, il romeno che ha aggredito, seviziato a morte Giovanna Reggiani)
L’ha vegliata a otto chilometri di distanza da dove l’aveva vista per la prima volta.Le ultime ore sono state una speranza fino alla fine, per una notte e un giorno, sotto le luci al neon di un ospedale, in una stanza dal pavimento di marmo bianco. La speranza «di un miracolo», ammetteva Giovanni Gumiero, capitano di vascello della Marina, a chi gli sfilava davanti, gli metteva una mano sulla spalla. Speranza folle, ma ostinata. E poi la colpa, confidata agli amici più cari: «Dovevo arrivare il giorno prima». Il tormento: «Non dovevo lasciarla da sola, forse non sarebbe accaduto». Sono stati questi i pensieri del capitano che ha perso la moglie ammazzata dalla furia di un romeno. Speranza e rimorso. Ma anche una preghiera, per chi può scrivere le leggi: «Non fate più succedere cose così». È il desiderio che sboccia con prepotenza dal dolore. «In lui non c’è vendetta», dice anche don Patrizio, cappellano della Marina, parlando di quest’uomo. C’è giustizia.Giovanna e Giovanni si erano conosciuti al Fleming, quartiere altoborghese di Roma Nord, più di vent’anni fa. Per un giorno lui l’ha salutata con una presenza continua nella stessa zona della città dove l’aveva vista crescere ragazza, al primo piano del reparto di rianimazione dell’ospedale Sant’Andrea, ex cattedrale del deserto, in fondo a via di Grottarossa. Lei era la sua famiglia, perché i figli non erano arrivati.Gliel’hanno massacrata a botte, fino a farla morire, mentre lui era a lavorare a La Spezia, dove comanda le Forze di dragaggio. E quando Giovanna è morta, Giovanni era uscito per un attimo dall’ospedale, stanchissimo. Gli hanno dovuto comunicare la notizia per telefono, e questo è forse l’ultimo rimpianto che qualcuno gli dovrà estirpare.Prima, nel lungo pomeriggio delle visite di parenti, amici, colleghi della Marina, politici e sacerdoti, non c’era violenza, non almeno nelle parole, solo la forza di chiedere un cambiamento: «Fate qualcosa per la sicurezza - ha ripetuto il capitano Gumiero ai politici - Sbrigatevi. Quello che è accaduto sia di monito. Ci sia una svolta. Non devono succedere mai più fatti come questo». Mai, ha pregato. «Una dignità impressionante», dice chi l’ha visto. Ma anche l’uomo di Stato, pieno di onore e capace di chiedere che «non succeda a nessun altro», al telefonino piangeva, e non riusciva a rispondere. «Non poteva», raccontano i parenti. E quando la follia della speranza lo lasciava, prima ancora di sapere che tutto era finito, ripeteva, fissando il marmo bianco nel corridoio al neon: «Perché? Perché?». Perché a lei, perché a me.

ORRORE DI ROMA - E' morta Giovanna Reggiani

E' morta Giovanna Reggiani, la donna aggredita, seviziata e gettata in un fosso nella periferia romana. Romulus Nicolae Mailat, il romeno di 24 anni fermato, è accusato di omicidio volontario, come scrivono nella richiesta di convalida del fermo il procuratore aggiunto della capitale Italo Ormanni e il sostituto Maria Bice Barborini. Lui, come ha riferito il senatore del Prc Salvatore Bonadonna che è andato a trovarlo in carcere, nega ogni violenza: «Ho rubato una borsetta alla stazione di Tor di Quinto - ha detto -. Nessuna violenza, guardate le analisi, nessuna violenza». Giovanna Reggiani si è difesa dal suo aggressore con tutte le forze che aveva. Lo ha spiegato il capo della squadra mobile romana, Vittorio Rizzi, sottolineando che l’arrestato, Nicolae Romulus Mailat, è stato trovato con il volto sanguinante e con numerosi graffi sulla schiena.


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