domenica 20 aprile 2008

Roma: è successo ancora


Due stupri a Milano e Roma, in entrambi i casi ai danni di ragazze straniere venute a studiare in Italia, in entrambi i casi commessi da immigrati clandestini, infiammano gli strascichi dell'eterna campagna elettorale italiana. Pochi - purtroppo - gli elementi di razionalità disponibili. Comprese le cifre (violenze sessuali in diminuzione) inutilmente fornite dal ministro degli Interni uscente, Giuliano Amato.

Si sa, del resto, che ben al di là delle statistiche esiste una "insicurezza percepita", che questa percezione è in costante crescita, e che (soprattutto) aumenta mano a mano che ci si allontana dai quartieri benestanti, dai ceti meglio protetti e anche meglio informati, e ci si avvicina alla vita di strada, a chi frequenta i mezzi pubblici, le stazioni, le periferie, i luoghi di transito. Avere trascurato questo dato di fatto (il sentimento dell'insicurezza è soprattutto un sentimento "popolare", un sentimento di strada) è costato carissimo alla sinistra in termini di credibilità politica e in termini elettorali. Ovvio che il candidato della destra al Comune di Roma, Alemanno, soffi sul fuoco dell'allarme sociale, sperando di lucrare qualche voto in più. Altrettanto scontato il repertorio leghista, con Roberto Castelli che invita a "fermare l'orda dei barbari" secondo l'arcinoto repertorio di "difesa etnica" già ampiamente premiato dalle urne. E non per questo meno ripugnante.

L'argomento degli abusi verso il sesso femminine, è sempre stato un tema molto delicato e allarmante. E' un argomento abbastanza difficile da trattare, e molto spesso ritenuto, giustamente, oggetto di contenuto personale. Molte volte per questo motivo, quando se ne parla, si ha sempre il timore di violare l'intimità e la riservatezza della persona violenta. Perciò non è sempre facile, per un giornalista, produrre un articolo, una notizia che tratti proprio questo argomento. Non è un caso, infatti, riscontrare opinioni diverse sul fatto di pubblicare o meno una notizia che tratti questo tema. Alcune persone, ritengono ingiusto, non corretto divulgare un fatto di violenza, sia in rispetto della vittima e della sua famiglia, sia della personale reputazione di queste. Secondo loro anche se, all'interno degli articoli, non viene denunciato apertamente il nome della persona aggredita; l'identità della vittima è comunque sempre in repentaglio e spesso “etichettata” dalla piccola cerchia di personale, che sanno. Al contrario, alcuni sostengono che sia molto importante rendere noto questo tipo di notizie; proprio per fare sensibilizzare la gente, per far conoscere, far sapere, per far capire che non si vive nell' “isola felice”, in cui non succede niente di male, in cui le notizie di cronaca nera non toccano assolutamente quel luogo così perfetto. Secondo queste persone è quindi utile dichiarare, proclamare, diffondere e comunicare queste cose importanti e allo stesso tempo tanto orribili, ma che purtroppo accado. Secondo me, questo tipo di notizie sono allo stesso tempo molto importanti, ma quanto più delicate. Sono d'accordo con coloro che dicono: “ E' importante far sapere alla gente quello che accade”. Sono, però, anche d'accordo con chi dice che la violenza, lo stupro, gli abusi, siano sempre e comunque fatti personali, che toccano, turbano la dignità della vittima, per questo non è molto leale e umanamente corretto, pubblicizzare a tutti questo fatto così tremendo, atroce, quando così tanto riservato e personale. Con questo penso che sia proficuo diffondere questo tipo di notizie, solo dove, nel leggere la notizia, ci sia il desiderio di cambiare quello che avviene nel mondo e la sensibilizzazione delle singole persone che si trovano di fronte a queste notizie. Una cosa molto più importante, però, ritengo che sia il modo in cui la notizia di uno stupro o di una violenza, venga comunicata. A mio parere, è molto importante parlare degli abusi sempre e comunque in rispetto delle vittime

mercoledì 16 aprile 2008

I vip che hanno sostenuto il PD

martedì 15 aprile 2008

La Lega nord ha fatto il botto; Hanno preso i fucili?!


Il proletariato leghista celebrerà il 2008 come l'anno in cui ha strappato definitivamente alla sinistra italiana la rappresentanza del mondo in cui essa nacque un secolo e mezzo fa: il Nord industriale, le sue pianure e le sue valli. Bossi è riuscito a conservare, pur nella malattia e lontano dai media, l'aura mitica del fondatore di un popolo.

Nessuno poteva sostituirlo in questo ruolo: l'invenzione di una comunità dalle radici artificiali - una padanità inesistente, sia nella versione celtica che nel revival crociato - ma straordinaria per adesione a bisogni e paure degli umili e degli impauriti.

La Lega, raddoppiando i suoi voti in Lombardia e nel Veneto, è l'unico partito italiano che oggi si proponga come interprete di un territorio. Un territorio celebrato nella sua preziosa unicità, più che mai bisognoso di protezione quando i tentacoli della globalizzazione lo minacciano.

Tutto il contrario di fenomeni televisivi come Ferrara o la Santanché. Ai banchetti della Lega, nei mercati rionali e nelle piazze di paese, le settimane scorse si poteva riconoscere una seconda generazione di militanti giovanissimi in camicia verde, perfino adolescenti che si presentano come guardia padana, distribuiscono volantini e lecca lecca, trovano riferimento nei sindaci promotori delle ordinanze antistranieri più che nei dirigenti "romani" come Calderoli, Castelli, Maroni, troppo assimilabili alla "Casta" da cui si sentono geneticamente estranei.

Qui in periferia il federalismo fiscale diventa concetto molto meno sofisticato: ognuno si tenga i suoi soldi. E se c'è da predicare lo sgombero dei campi rom, Radio Padania Libera non esita a impiegare un linguaggio agghiacciante: "Purtroppo è più facile derattizzare i topi che debellare gli zingari". Il partito popolare leghista difende la tradizione cattolica ma non esita a volantinare di fronte alle chiese milanesi contro l'arcivescovo Tettamanzi, se questi evoca i diritti umani di donne e bambini d'etnia maledetta. Rastrella voti arrabbiati nel quartiere di Chinatown perché, incurante della politica estera, non ha problemi diplomatici se c'è da sparare addosso alla superpotenza di Pechino.

La stessa bruciante sconfitta della Malpensa viene assimilata come alimento del rimpianto e del rancore, per ribadire il luogo comune di un Nord impoverito e taglieggiato dalla "canaglia romana", dove a cavarsela sarebbero solo i big della "tecnofinanza" (formula Tremonti) e gli immigrati. Perché ci sono molte case settentrionali in cui è il cosmopolitismo, l'idea stessa di meticciato a fare paura.

Il Partito democratico che si è presentato in Lombardia e in Veneto col volto di due capolista provenienti da Confindustria (Colaninno e Calearo) non poteva recuperare consensi nelle periferie metropolitane dove l'accrescersi delle disuguaglianze viene accettato ormai come mero problema di sicurezza, dimenticato da tempo qualunque esperimento di politiche sociali.

Al dunque, dovendosi dare rappresentanza
all'insofferenza fiscale e securitaria, l'originale marchio leghista è stato puntualmente preferito agli imitatori tardivi (di sinistra o di destra).

Bossi s'è tenuto stretto il simbolo del Carroccio, mentre Fini rinunciava a quello di An. Ha delegato alla potenza berlusconiana l'intrattenimento nei circuiti di comunicazione di massa. E ha continuato meticolosamente la cura del territorio, battendolo a tappeto con i metodi più tradizionali della militanza e della tutela clientelare. Si può star certi che la Lega tenterà ora di capitalizzare il suo clamoroso successo innanzitutto al Nord, prima e più che nel governo romano. Rivendicherà la presidenza della Regione Lombardia, intestandosi il dopo Formigoni. Punterà alle fondazioni bancarie erogatrici di sostegni finanziari nelle comunità locali, a cominciare dalla Cariplo. E se il nazionalismo padano resta poco credibile come ideologia, la dimensione rivoluzionaria del movimento verrà sempre di più indirizzata come rappresentanza del popolo autoctono contro lo straniero, a costo di cavalcare pericolosamente la xenofobia.

Giulio Tremonti è entrato in politica da tecnocrate inserito nell'accademia e nell'establishment. Con gli anni ha intuito come le sue competenze tecniche di per sé valgano ben poco in termini di forza, e allora s'è dedicato a sintonizzarle con un popolo di riferimento, come prima di lui aveva fatto Gianfranco Miglio. Ne coltiva le pulsioni reazionarie: la politica come spiritualità contrapposta al dio mercato, la retorica delle radici, i valori tradizionali contro la sinistra profanatrice del principio d'autorità. Richiami inautentici e fasulli? Che importa: se lo spirito dei tempi oscilla fra nostalgia e spavento, lo si imbraccia come i fucili di Bossi per accumularne l'energia vitale.

Con Fini ridimensionato a cadetto, da domani dietro a Berlusconi si staglia decisiva l'ombra del varesotto e del valtellinese.

E' nata la terza Repubblica


La Terza Repubblica nasce oggi com'era nata la Seconda, quattordici anni fa. Una vittoria netta e indiscutibile di Silvio Berlusconi. Uno spostamento massiccio e inequivocabile dei consensi verso destra. La storia politica della nazione si compie così, con un moto perfettamente circolare. L'eterna transizione italiana riparte dall'eterna rigenerazione berlusconiana.

Tutto era iniziato con i referendum maggioritari del '93 e la pirotecnica "discesa in campo" del '94. Dopo quattro travagliatissime legislature si ritorna al punto di partenza. Il Cavaliere si riprende l'Italia. Sarà vecchio. Sarà spompato. Sarà "unfit". Ma la maggioranza degli italiani ha deciso di riconsegnargli comunque le chiavi del governo, sanando per la terza volta, con la legittimazione di un voto che equivale ancora una volta a un "condono tombale", le sue inadeguatezze, i suoi conflitti di interesse, le sue traversie giudiziarie. È il verdetto del popolo sovrano che, piaccia o no, in democrazia è l'unica cosa che conta. Dal punto di vista "sistemico", queste elezioni rivoluzionano la geografia politica nazionale. Segnano un deciso passo avanti dell'Italia sul terreno della semplificazione coalizionale e gettano le basi per una conseguente modernizzazione istituzionale.

E di questo, al di là del responso dell'urna, va dato pieno merito al Pd e alla svolta che ha impresso al sistema, con la disaggregazione delle vecchie alleanze e le riaggregazione dei nuovi partiti. Il Paese ritorna sui binari di un solido bipolarismo, dopo il deragliamento neo-proporzionalista prodotto due anni fa dal "porcellum". Per la quarta volta in cinque elezioni cambia lo schieramento al governo, e questo è un sintomo che rafforza il meccanismo dell'alternanza. Di più: con un'evoluzione più consona alle moderne democrazie europee, anche la nostra si avvicina a un modello di bipartitismo tendenziale. Dalla Francia alla Germania, dalla Gran Bretagna alla Spagna, due partiti maggiori si ripartiscono un bacino di consensi che oscilla tra il 70 e il 90%. Pdl e Pd insieme, due partiti maggioritari e quasi "presidenziali", raccolgono intorno al 73% dei voti. Il prezzo di questa forte polarizzazione dei consensi è la polverizzazione delle "terze forze" e la desertificazione dei "cespugli". In Parlamento si salva appena l'Udc, ma spariscono la Destra, la Sinistra arcobaleno, i socialisti. Al Senato, di fatto, avranno accesso solo quattro gruppi parlamentari: Pdl, Pd, Lega e Udc. È un esito che può generare un impoverimento della dialettica democratica, e far riaccendere persino una extra-parlamentarizzazione del conflitto sociale. Ma di sicuro aiuta la governabilità politica e l'efficienza legislativa.

Berlusconi ha perso la campagna elettorale, ma ha vinto le elezioni (al contrario di quello che accadde nel 2006). Secondo la felice definizione di Ilvo Diamanti, il Cavaliere non è più "il nuovo che avanza", ma semmai "il vecchio avanzato". Eppure si conferma il più magnetico catalizzatore dei sogni della nazione, e il più carismatico affabulatore dei suoi bisogni. Le critiche e le perplessità che questo giornale ha manifestato nei suoi confronti restano tutte. Il leader di Forza Italia è il campione di un'Italia populista, insofferente alle regole e diffidente nelle istituzioni. È il videocrate che riduce l'etica ad estetica, e che vive la politica come opportunità e non come responsabilità. Ma nonostante tutto questo, bisogna prendere atto che la "pancia" del Paese è con lui. Il muro di Arcore è caduto per sempre: le demonizzazioni e le ghettizzazioni non servono più a niente e a nessuno.

E stavolta, a giustificare il suo terzo trionfo solitario, non basta nemmeno il "tesoretto" dei fallimenti del governo Prodi, sul quale ha utilmente speculato in questa campagna elettorale. La forza che questo voto gli conferisce è inequivoca. La "rivoluzione del predellino", uguale e contraria alla scelta del Pd di correre da solo, è stata un salto nel cerchio di fuoco. Ha obbligato la ex Cdl alla sterzata a destra. Ha regalato a Bossi un nuovo patto di sangue. Ha imposto a Fini l'annessione di An, a Casini la cacciata dal tempio. Per il Pdl è stata una scelta potenzialmente arrischiata: ha reciso le già logore radici moderate al suo centro (con l'Udc) e ha aperto un'insidiosa deriva radicale alla sua destra (con Storace-Santanché).

Ma se alla fine il rischio è stato ben ripagato dagli elettori, questo è il segno che nel voto c'è qualcosa di più di una semplice sanzione verso il governo precedente. E se il Pdl stravince al Nord grazie alla Lega, ma vince anche nelle regioni del Centro-Sud dove la Lega non c'è, questo è il segno che un vasto bacino sociale, di borghesia produttiva ma anche di lavoro dipendente, di uomini spaventati del ricco Settentrione ma anche di pubblici salariati del povero Meridione, si raccoglie ormai strutturalmente intorno al Cavaliere, e all'anomalo impasto di "rivoluzione-protezione" che continua a promettergli. Solo così si spiega il perché, dopo quindici anni di anomalie istituzionali e di ordalie politiche intorno alla sua persona, lui resti saldamente in campo. E il suo partito, personale o di plastica quanto si vuole, sia ancora capace di aggregare consensi. E di vincere con un margine amplissimo, a dispetto dei nemici interni sempre più basiti e degli osservatori internazionali sempre più stupiti. Tanto ampio da neutralizzare la possibile incognita di una impropria "golden share" consegnata in mano alla Lega.

È vero che con oltre 20 senatori il Carroccio tiene in ostaggio la coalizione, ma mai come stavolta il Cavaliere ha la possibilità di stringere (se già non l'ha fatto) un "concordato preventivo" con il Senatur. Ha molto da offrirgli, in cambio della sua fedeltà per un'intera legislatura. Dalla presidenza di Palazzo Madama alla poltrona da vicepremier unico, da un altro ministero per le Riforme alla poltrona di governatore della Lombardia, che nell'immaginario delle camice verdi trasformerebbe finalmente la "Madre Padania" da mito virtuale a luogo reale.

Veltroni ha vinto la campagna elettorale, ma ha perso le elezioni. Il bilancio del Pd ha indubbiamente più di una posta al passivo. Forse il leader ha pagato una rincorsa breve, e troppo tarata sul modulo dell'"one man show". Forse non è riuscito a tracciare un perimetro credibile per la nuova constituency valoriale e sociale del partito, usando nel suo tour nelle 100 province italiane troppi messaggi generali e frullando nel suo programma troppe promesse particolari. "Il viaggio è il messaggio": parafrasando McLuhan, forse anche questo è stato l'errore. Così non è riuscito a drenare consensi al centro (sfilandoli al fronte avverso) e ha finito per cannibalizzare i consensi a sinistra.

Ma per il Pd le poste all'attivo valgono forse anche di più. In questo complicato Paese non è mai esistito un partito riformista che può contare su uno zoccolo duro vicino al 35% dei voti. Nella Prima Repubblica solo la Dc (e neanche il Pci) ha potuto contare su un risultato così ampio. Questo è un solido "gancio" sul quale continuare la scalata verso il governo del Paese. Ora si misurerà la capacità dei gruppi dirigenti di stabilizzare il Pd, e di trasformarlo in una realtà strutturale, che resterà e crescerà nel panorama politico nazionale, e non di svilirlo a un episodico espediente elettorale, come sono stati la Gad, la Fed, o persino lo stesso Ulivo.

Non è un esito scontato, dopo la sconfitta di ieri. Conosciamo bene la propensione all'autolesionismo di quel ceto politico. Ma alzi la mano chi, tra i democratici, ha voglia di purghe staliniste o di nostalgie autonomiste, e ha la solita tentazione di mettersi a sparare sul quartier generale. Alzi la mano chi si illude che sarebbe stato o sarebbe tuttora meglio tornare alla divisione Ds-Margherita, due chiodi arrugginiti buoni per impiccarsi, non per riprendere la salita verso la vetta. Certo, nella metà campo della nuova opposizione non si può non registrare con inquietudine il tracollo delle sinistre alternative e l'estinzione definitiva ben quattro sigle coalizzate. Rifondazione, il Pdci, i Verdi e Mussi pagano i veti continui e le estenuanti mediazioni al ribasso cui hanno obbligato Prodi. Agli occhi degli elettori, evidentemente, proprio loro sono stati la "malattia" di quel governo, mentre Mastella ne è stato solo la "febbre". Ora, con loro, è in gioco non solo il destino di un leader storico come Bertinotti, ma la nozione stessa di sinistra. Ci vorrà una riflessione severa, e una lunga traversata nel deserto, per riaffacciarsi sul mercato politico con un'offerta convincente. Possono accusare finché vogliono il Pd e la sua "vocazione maggioritaria", ma i vari Giordano, Diliberto e Pecoraro Scanio devono prendere atto, risultati alla mano, che l'Arcobaleno non lo era affatto.

Cosa accadrà adesso? Berlusconi ha una maggioranza più che solida. I numeri a sua disposizione autorizzano la previsione di un governo di legislatura. La domanda cruciale è se sarà una anche legislatura costituente, come servirebbe al Paese. Le prime mosse del Cavaliere sembrano concilianti. Parla di riforme condivise, ipotizza la riesumazione della Bicamerale, si dichiara diverso dal premier che vinse nel 2001, dice di volersi consegnare alla storia come statista. Nella sua terza reincarnazione, l'unto del Signore sembra voler impersonare l'idea di un populismo morbido, di un bipolarismo mite. Contiamo sulla sua sincerità. Conviene a lui, se vuole davvero ascendere al soglio del Quirinale. Ma soprattutto conviene all'Italia, se vuole smettere una volta per tutte di essere una Repubblica preterintenzionale.

La nuova occasione di Silvio Berlusconi


In neppure due anni, Silvio Berlusconi e il centrodestra si sono ripresi il governo del Paese. E con una nettezza che ha, se non smentito, certo dimostrato esagerate le previsioni diffuse di un testa a testa. Messo di fronte alla responsabilità di una scelta, l’elettorato ha risposto consegnando le chiavi del potere all’uomo che dal 1994 ha plasmato il fronte moderato e la stessa opposizione. È vero che il numero dei votanti è calato. Ma il fatto che non sia sprofondato sotto il muro dell’80 per cento conta non solo simbolicamente.

Si conferma il malessere nei confronti della classe politica, senza tuttavia renderlo allarmante. E per Berlusconi si tratta di un successo doppio. Non si assiste soltanto al suo ritorno prevedibile a Palazzo Chigi. La novità è che la reinvestitura avviene dopo una campagna elettorale nella quale non ha promesso miracoli; né lasciato intravedere soluzioni indolori in economia. Seppure fra le solite battute e battutacce, si è presentato nella veste dell’imprenditore chiamato a fronteggiare un periodo di grave crisi.

Il suo miracolo è stato quello di farsi accettare anche nella nuova veste di premier senza bacchetta magica; e di interpretare una voglia prepotente di sicurezza. L’affermazione vistosa della Lega la riflette, senza tuttavia averne l’esclusiva. Ma la metamorfosi del Cavaliere ha avuto successo per i suoi meriti e, in buona parte, grazie ai limiti degli avversari. Per il Pd la sconfitta è netta quanto la vittoria berlusconiana. Walter Veltroni ha svuotato l’estrema sinistra; ma non è riuscito a sottrarre consensi al centro, mancando la scommessa di conquistare i voti moderati.

La rimonta, che c’è stata, finisce così per sottolineare la misera base di partenza del centrosinistra. Per questo, già si intravede la domanda drammatica e forse lacerante che da oggi aleggerà nella nuova opposizione: ha perso Romano Prodi o Veltroni? Certamente, il segretario del Pd non è riuscito a far dimenticare del tutto il governo dell’Unione. Ma questo rinvia a Prodi. La sua autoesclusione dalla sfida non è bastata a cancellare i danni accumulati giorno dopo giorno per una lettura sbagliata del risultato del 2006, per le scelte economiche e per le liti nella sua coalizione. Il saldo è un radicale riflesso d’ordine, che il berlusconismo è riuscito ad intercettare, come nel 1994 e nel 2001.

Ma stavolta il centrodestra non avrà alibi, né potrà regalare illusioni; e lo sa. La maggioranza che gli italiani gli consegnano è a prova di ribaltoni, pasticci e scaricabarile. Il problema è di legittimarla con provvedimenti seri ed incisivi. Con una consapevolezza in più: non solo l’elettorato ma la comunità internazionale osservano l’Italia tornata berlusconiana con una miscela di scetticismo, allarme e attesa. Ed i primi due, finora, hanno prevalso.

domenica 13 aprile 2008

POLITICHE 2008: PREVISIONI

Primo dei due giorni di voto per le politiche 2008 al termine. Si vota anche lunedì dalle 7 alle 15, poi gli exit poll e le prime proiezioni. I primi dati ufficiali arriveranno al Viminale a partire dalle 17, iniziando dallo scrutinio delle schede del Senato della Repubblica. si procederà poi con i voti per l'elezione dei deputati alla Camera. Martedì 15 prenderà via lo spoglio delle schede nei comuni dove si sino svolte anche le amministrative.

A poche ora di distanza, quali sono i vostri probabili verdetti? Divertiamoci "a sparare numeri" per sdrammatizzare, martedì decreteremo il vincitore!!! (cioè chi ci è andato più vicino!!)

Le mie previsioni:
CAMERA DEI DEPUTATI
Pdl 42%
Pd 36%
Udc 7%
Sin. Arcob 8%
La destra 4%
Comun lavor 1%
Somma altri 2%

SENATO DELLA REPUBBLICA
(Dato che il sistema è più che complicato, prenderò in esame regione per regione decretando a chi verrà assegnato il premio di maggioranza tra le due principali correnti Pdl e Pd

Valle d'Aosta Pd
Piemonte Pdl
Liguria Pd
Lombardia Pdl
Veneto Pdl
Friuli Venezia G. Pdl
Trentino A. Adige Pd
Emilia Romagna Pd
Toscana Pd
Umbria Pd
Molise Pd
Abruzzo Pdl
arche Pdl
Lazio Pd
Campania Pd
Basilicata Pdl
Sicilia Pdl
Calabria Pd
Puglia Pd
Sardegna Pd
TOT 7 Pdl 13 Pd

PREVISIONI SEGGI
Valle d'Aosta 1 PD
Piemonte 12 PDL 9 PD 1 UDC
Lombardia 29 PDL 18 PD
Veneto 15 PDL 9 PD
Trent A. Adige 3 PDL 4 PD
Friuli V. giulia 5 PDL 2 PD
Liguria 3 PDL 5 PD
Emilia Romagna 7 PDL 12 PD 2 Sin. Arc
Toscana 7 PDL 10 PD 1 Sin. Arc
Umbria 3 PDL 4 PD
Molise 1 PDL 1 PD
Abruzzo 4 PDL 3 PD
Marche 3 PDL 4 PD 1 UDC
Puglia 9 PDL 11 PD 1 UDC
Basilicata 4 PDL 3 PD
Sicilia 14 PDL 11 PD 1 UDC
Campania 14 PDL 16 PD
Sardegna 4 PDL 5 PD
Lazio 11 PDL 15 PD 1 UDC
Calabria 4 PDL 6 PD
Circ. estero 2 PDL 4 PD
Sen vita 2 PDL 5 PD
TOTALE 156 PDL 158 PD 3 SIN ARC 5 UDC = 315 + 7 sen vita

Riassumento le mie previsoni: Camera dei deputati al Pdl, Senato della Repubblica prevedo un pareggio. Sarà dunque un copione del governo Prodi? Fra 1 anno di nuovo al voto? Datemi in tanti le vostre previsioni!

venerdì 11 aprile 2008

IO C'ERO - (Solo le immagini, ho tantissimo da raccontarvi, emozioni uniche, un bagno di folla di 100.000 persone)

mercoledì 9 aprile 2008

La piazza di Napoli esplode all'arrivo di Veltroni. Erano in 100.000; Si chiude dopo 110 piazze un tour elettorale iniziato 55 giorni fa

Ore 17 Napoli, piazza del Plebiscito, centomila in piazza e un cartello: "Napoli con il cuore per Walter". Un'ora e mezzo di parole e di carica, "siamo un paese nuovo e forte" , "siamo la parte civile della politica italiana". Poi Jovanotti, l'Inno di Mameli e via di corsa, aeroporto Capodichino, volo per Bologna. Ore 21, piazza Maggiore, si ricomincia, "Mi fido di te", "Fratelli d'Italia", un'altra ora e mezzo di parole e carica. Domani comincia presto: tribune stampa in tivù e radio, registrazione di Porta a Porta, poi in volo per Milano. Venerdì, infine, l'ultimo giorno, intervista a Repubblica tv, registrazione di Matrix, e nel pomeriggio piazza del Popolo, la casa dove la sinistra ha sempre chiuso le sue campagne elettorali.

Quattro grandi città in soli tre giorni, gli ultimi. Ma se il senso di vertigine non è venuto finora, dopo 55 giorni con questi ritmi, è escluso che possa insorgere adesso che il "Giro per l'Italia nuova" è finito. Veltroni stanco? Viso più sfilato, ma neanche tanto, voce piena, un buon colorito perché tanti comizi sono stati sotto un bel sole pieno, il candidato leader del Pd tranquillizza: "Una persona che mi vuole bene mi ha chiesto preoccupata come sto, ma io sto benissimo...". C'è una cosa che se dovesse diventare premier non farà mai: "Non aumenterò il numero delle provincie...". Centodieci sono sicuramente tante, le ha girate tutte, una per una, anche quattro tappe al giorno. Domenica 17 febbraio, Pescara, piazza Salotto piena, sole, quasi primavera, cartelli "Si può fare", Jovanotti e Mameli. Cominciò tutto qui... ora è quasi fatta







martedì 8 aprile 2008

Ecco come si vota

Ecco la scheda elettorale con i simboli dei diversi partiti. I loghi sono separati tra loro di circa mezzo centimetro, eccezion fatta per quelli del Partito della Libertà e della Lega e del Partito Democratico e dell'Italia dei Valori, che risultano invece uniti l'uno all'altro. Con la conseguenza che un elettore potrebbe per errore essere indotto a tracciare una croce tra i due simboli, rendendo così nullo il voto.

domenica 6 aprile 2008

Vademecum per il 13 e 14 aprile

Ciao ragazzi,
Ci siamo. Tra una settimana saremo chiamati alle urne per eleggere il nuovo governo, per decidere il futuro dell'Italia. Parte il rush finale della campagna elettorale per i due leader dei grandi partiti. Il primo appello che volgio rivolgervi è quello di non disertare, di andare a votare. Avete tempo domenica 13 dalle 8 alle 22 e poi lunedì dalle 7 alle 15. Per tutti coloro che leggeranno questo post volevo inoltre ricordare loro il sitema elettorale e l'importanza di non disperdere il proprio voto, perchè che ne si voglia o meno, a giocarsi la presidenza del consiglio dei 15 candidati sono solo due: Silvio Berlusconi (Popolo della Libertà, Laga Nord, Movimento per il sud, Pensionati)e Walter Veltroni (Partito democratico, Italia dei Valori, Radicali). Le schede (che saranno rosa per la camera dei deputati e verde per il Senato della Repubblica) presentaranno i simboli di tutti i partiti. Fate attenzione però a crocettare solo il simbolo prescelto e non esprimere preferenze di candidati, altrimenti il vostro voto sarà annullato. Tornando al sistema di voto, dicevo che è molto importante dunque non disperdere il proprio voto. Per quanto riguarda l'elezione dei deputati entrano i Parlamento solo i partiti che superano il 4% dei voti, al Senato lo sbarramento è molto più alto: 8%. Vince le elezioni chi alla camera prende il maggior numero di voti (anche solo uno in più). Non è quindi richiesta la maggioranza assoluta del 50+1 dei voti. La coalizione che vince, (ripeto anche per un solo voto) ha diritto ad un largo premio di maggioranza che corrisponde al 55% dei seggi (circa 340) in grado di garantire stabilità, il restante 45% verrà ripartito in modo proporzionale alle altre coalizioni. Al Senato la situazione si complica: 1. perchè come vi dicevo lo scoglio dello sbarramento è dell'8% e quindi molti partiti potrebbero essere tagliati fuori, 2. perchè pure qui vi è un premio di maggioranza al partito che ottiene il maggior numero di voti ma a livello regionale tenuto conto della popolazione e quindi del numero di seggi che ogni regione ha a disposizione. La sfida al Senato dunque resta tutta aperta, anche perchè come sappiamo vi sono delle rgioni storicamente già assegnate come il Veneto e la Lombardia al Pdl e l'Emilia Romagna e la Toscana al Pd.

Dopo questi piccoli chiarimenti sul voto del prossimo week end, non mi resta che ricordarvi, come vuole la Costituzione, che votare è un diritto ma anche un dovere. Buon voto a tutti!
Manuel


mercoledì 2 aprile 2008

L'ultimo messaggio di Karol IL GRANDE


Montaggio: MANUEL RONCHI

Per non dimenticare Tommy; 2 anni fa il ritrovamento del suo corpicino

In memoria di Karol IL GRANDE

3 anni fa oggi.
3 anni fa oggi Papa Giovanni Paolo II si spegneva in Vaticano dopo una lunga sofferenza.
3 anni fa oggi migliaia di persone di tutto il mondo affollavano Piazza S. Pietro, con lo suguardo rivolto a quella finestra dove Karol il grande si affacciava.
3 anni fa oggi impossibile dimenticare quell'uomo che ha traghettato la chiesa dal secondo al terzo millennio. E' stato il Papa dei diritti umani, della solidarietà verso i più poveri e indifesi, della dignità del lavoro e dell'attenzione a nuovi equilibri internazionali, dei viaggi in ogni angolo del mondo, del dialogo con le altre confessioni religiose e del continuo e tenace rifiuto della guerra come mezzo per risolvere le crisi tra gli stati.

Resterà nella storia Giovanni Paolo II, un papa unico... Karol Wojtyla detto il Grande, non ti dimenticheremo mai.


martedì 1 aprile 2008

Expo 2015: Ecco come cambia Milano

Ritornar bambini


Le cose che il bambino ama
rimangono nel regno del cuore
fino alla vecchiaia.
La cosa più bella della vita
è che la nostra anima
rimanga ad aleggiare
nei luoghi dove una volta
giocavamo.

(Kahlil Gibran "Self-Portrait")


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